lunedì 4 aprile 2016

LA SCRITTURA DELL'ECCESSO

LA SCRITTURA DELL’ECCESSO IN RABELAIS



Rabelais intraprese diversi viaggi in Italia, soprattutto a Roma e in Piemonte, dove ebbe la possibilità di confrontarsi con la letteratura Italiana del tempo e di ispirarsi alle opere di importanti autori italiani come Pulci, Folengo e perfino Castiglione. Rabelais resta però lontanissimo dal senso della misura e dell’equilibrio che era proprio di Cortigiano, e semmai riprende e sviluppa in modi originalissimi la tendenza ad una scrittura dell’eccesso presente in Pulci e Folengo.

Essa si manifesta sul piano dell’invenzione tematica e di quella linguistica. Il plurilinguismo di Rabelais spazia dai numerosi tecnicismi agli arcaismi tratti dalle lingue classiche, dal linguaggio della disquisizione filosofica a quello plebeo e dialettale. Inoltre egli crea numerosi neologismi, deformando parole già esistenti e inventandone di integralmente nuove.



“Ad ogni foglio si incontrano, audacemente accostate, scurrilità geniali, o ribalde, o melense, ed insieme citazioni (autentiche e non, quasi tutte fatte a memoria) da testi latini, arabi, ebraici; dignitose e sonanti esercitazioni oratorie; sottilità aristoteliche da cui si diparte una risata da gigante, altre sottoscritte ed avallate con la buona fede dell’uomo di vita pura.

[…] L’insegnamento rabelaisiano è estremistico, è la virtù dell’eccesso: non solo Gargantua e Pantagruele sono giganti, ma gigante è il libro per mole e per tendenza; gigantesche e favolose sono le imprese, le baldorie, le diatribe, le violenze alla mitologia e alla storia, gli elenchi verbali.”- Primo levi, "L'altrui mestiere"






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