domenica 3 aprile 2016

L’INTERPRETAZIONE DEL GARGANTUA E PANTAGRUELE

L’originalità della rappresentazione, nel Gargantua e Pantagruele, sta nel fatto che essa genera nel lettore una profonda insicurezza per il rapido mutamento del punto di vista e per la straordinaria ricchezza di prospettive.

La lingua di Rabelais è una lingua visiva, che unisce la parola all’immagine e dà alla rappresentazione una forza fantastica. Il ricorso all’iperbole e all’accumulazione, il gusto del dettaglio portato fino al paradosso provocano un’alterazione dimensionale e una continua sfaccettatura delle cose, illuminate da molteplici punti di vista.

Gargantua e Pantagruele è un libro molto amato dallo scrittore Primo Levi: per concludere quest’argomento riportiamo la sua opinione a riguardo dell’opera in quanto riflette pienamente la concezione a noi contemporanea.
Secondo Levi questo romanzo è pieno di ottimismo e rappresenta uno dei frutti più alti della società del Rinascimento: Rabelais è convinto della bellezza della vita e ne esalta i piaceri materiali. In particolare Panurge, che è quasi  il personaggio autobiografico, rappresenta il prototipo dell’uomo moderno che, pur con tutte le sue contraddizioni, ha fiducia nel futuro e vive con pienezza.
L’atteggiamento vitalistico e l’esaltazione della “virtù dell’eccesso” entrano in conflitto con l’ascetismo della morale religiosa del tempo e sembrano contraddire l’immagine biografica del Rabelais monaco francescano, saggio e misurato, che è arrivata fino a noi.
Nel Gargantua e Pantagruele tutto è smisurato, eccessivo.



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